Se un ragazzo viene torturato da altri adolescenti, come è accaduto in Piemonte, non possono bastare le risposte “i social”, “la mancanza di valori”, “i genitori assenti”. Quel tipo di violenza nasce da un tessuto sociale lacerato, da un abbandono che è prima di tutto collettivo. Non possiamo delegare l’educazione a istituzioni vuote, né aspettarci che bastino le famiglie da sole. Serve una comunità educante, fatta di adulti presenti, spazi aperti, politiche che investano nelle persone
Gli articoli
Abbiamo bisogno di processi partecipati
Il quaderno sul “Metodo del consenso”
Scuole aperte partecipate. Vademecum
Come aprire la scuola al territorio
La Flotilla dei bambini del mondo
Educazione alla pace: una proposta di scrittura collettiva per tutte le scuole
Quando sto bene non sono niente
Firenze. Gli atti di autolesionismo sono frequenti, più di quello che pensiamo
Essere partecipi
Accorgersi di chi cammina lentamente, cioè esistere, partecipare
La nostra festa è in strada
Roma: l’Associazione Genitori Appio Claudio ha partecipato a Street for kids
Fuori e dentro le scuole
Torino: in una scuola non dovrebbero mai esserci manganelli
La scuola degli adolescenti
L’educazione diffusa può accogliere il complesso mondo dell’adolescenza
Un cerchio di sedie
Roma: reti informali, metodi del consenso, scuole aperte e altre bizzarrie
Brindisi ha un bene comune in più
Scuola aperta come politica educativa
Sulle fantastiche e controverse mobilitazioni studentesche
Firenze. Occupazioni e dintorni
“Scuole aperte” è una sfida
Cosenza: abbiamo aperto gli occhi sulla vastità di ciò che è possibile, insieme
Indietro due volte: fuori e dentro la scuola
Se la povertà dei bambini cresce
Contro le Indicazioni nazionali per le scuole
Mobilitazione in tante città
Lettera ai dirigenti scolastici
Livorno: le scuole aperte partecipate sono prima di tutto comunità educanti